Fotografia

Spesso i fotografi sono accusati di guardare il mondo attraverso il buco della serratura, ovvero rubare immagini. Nel maggio francese si diceva che tutti i fotografi sono dei Flic (il modo in cui venivano chiamati i piedipatti francesi). Insomma il mestiere del fotografo non è sempre un bel mestiere, quel guardare attraverso l’obiettivo e conservare quell’immagine di quel momento nel proprio archivio spesso può diventare un’azione malata. Con questo non voglio condannare la fotografia in sé, quanto un suo uso alienato.

Per questo e altri motivi, dopo aver cominciato a fare il fotografo professionista nel 1972, abbandonai la fotografia tanti anni fa e non ebbi più una macchina fotografica per molto tempo.
Parecchi anni dopo, con l’avvento delle macchine fotografiche digitali, e in relazione alle mie attività sociali, ho ricominciato a fare foto.
Le mie nuove foto però erano diverse, non più le classiche fotografie studiate nella posa fino quasi a farne un feticcio, bensì foto in movimento in cui ero parte di quel movimento e anzi fattore di quel movimento, dove da una realtà statica e triste andavo ad operare con le attività ludiche a cambiarla, far scaturire sorrisi, e solo allora intervenire per fissare un’immagine di quel momento nuovo.
Potrei affermare che questo è un approccio situazionista alla fotografia, dove la foto, l’immagine, è il risultato di una azione, del cambiamento apportato a una determinata scena, e ne è anche una approfondita testimonianza.

Nella storia della fotografia abbiamo vari approcci a questo uso della fotografia, uno dei primi in tal senso fu il fotografo francese Nadar, psudonimo di Gaspard-Félix Tournachon, che con il suo pallone areostatico volava sopra Parigi durante i moti rivoluzionari della Comune di Parigi, per controllare e fotografare le posizioni prussiane, e per trasportare la posta dalla capitale verso i centri di provincia.

Autoritratto rotante di Nadar
Autoritratto rotante di Nadar

Ai nostri tempi un’altra grande fotografa che usò l’arte situazionista nella fotografia fu l’americana Diane Arbus che, prima di scattare una foto, stabiliva un contatto umano con le persone che avrebbe poi fotografato.

Diane Arbus al Central Park di New York
Diane Arbus al Central Park di New York

Una delle tante bellissime foto di Diane Arbus
Alcune tra le tante bellissime foto di Diane Arbus

Ora non mi voglio paragonare a questi “mostri sacri” della fotografia, la mia vuole essere una testimonianza che usa anche la fotografia in un’azione di rivoluzione nonviolenta per il nostro Mondo, perché sia migliore di quello che è ora, magari partendo da un semplice, quanto importante, sorriso di un bambino.

Share